
1) Ceramiche, arazzi, tappeti, stoffe lavorate e decorate sono queste le “materie prime” che gli espositori russi esibiscono e mettono in vendita all’esposizione di Chicago nel 1893.
Nella seconda metà dell’Ottocento assistiamo al tentativo a lungo cullato, poi progettato, quindi messo concretamente in essere di offrire alla disciplina, alla sua dimensione più “materica”, oggettuale, una ribalta sì scientifica ma soprattutto divulgativa, affidando ad essa il compito di raccontare la Russia ai russi in una cornice del tutto spettacolare e celebrativa quantunque, nelle intenzioni degli allestitori, scientificamente validata. L’antropologia e con essa l’etnografia a cui si deve il compito prioritario di raccogliere, catalogare, selezionare e riproporre i manufatti a più forte vocazione “espositiva”, grazie agli esiti di viaggi, esplorazioni e ricerche che intersecano pure i campi del folklore, dell’archeologia, della paletnologia, si aprono al grande pubblico attraverso due grandi momenti espositivi ai quali qui di seguito riserveremo specifici spazi, la Mostra Etnografica Panrussa del 1867 e la Mostra Antropologica del 1879. L’antropologia si assume in queste due mostre il compito prioritario di dare un volto alle molteplici etnie russe, di dare loro letteralmente e materialmente un volto mediante l’esibizione di calchi facciali in gesso dipinti, attraverso l’allestimento di diorami a grandezza naturale nei quali vengono collocati manichini di notevole realismo, variamente atteggiati in relazione all’azione mimata, lavorativa, venatoria, congruentemente vestiti con gli abiti della loro tradizione, con facce le cui peculiarità somatiche sono “garantite”, a monte, dalle rilevazioni antropometriche effettuate sul terreno.
Gli oggetti particolarmente ammirati sono icone, ornamenti in oro e pietre preziose, tappeti e tessuti, pellicce, ceramiche e statue lignee in cui l’artigianato artistico russo eccelle. Anche l’arte non necessariamente di estrazione popolare è ben rappresentata, soprattutto la pittura. Nel 1851 al Crystal Palace di Londra nella sezione russa trionfano, manufatti in argento e rame, collezioni di diamanti e di altre preziose pietre. I Demidov, una dinastia di imprenditori attiva a San Pietroburgo, esibiscono vasi, tavoli e sedie il cui valore intrinseco risiede nei pregevoli ornamenti in malachite, minerale con il quale è anche realizzata una porta di grandi dimensioni. In diversi occasioni espositive tra i manufatti frutto di un artigianato indubbiamente sapiente, riscuotono notevole successo tessuti lavorati in seta e pelle, in modo particolare dei delicati scialli realizzati con la lana di una capra originaria di Orenburg. Alla fantasmagorica esposizione parigina del 1900 si calcola la presenza di circa seimila oggetti provenienti in parte da musei dell’artigianato presenti a San Pietroburgo e Mosca e da collezionisti privati. La parte del leone la fanno però gli artigiani medesimi, diversi dei quali presenti all’esposizione, che mettono in mostra ben quattromila manufatti. Le mostre russe riscuotono simpatia per le atmosfere da paese dei balocchi ricreate dalla natura dei medesimi oggetti, fatti a mano, policromi, di uso comune, domestico, popolari. La rutilante strategia ad abundantiam determina la piacevole sensazione di essere in un affollato mercato tutto da scoprire, evitando il rischio di una visita noiosa a cui si espongono invece i paludati, algidi, asettici allestimenti di certuni sussiegosi musei.
1) Ceramiche, arazzi, tappeti, stoffe lavorate e decorate sono queste le “materie prime” che gli espositori russi esibiscono e mettono in vendita all’esposizione di Chicago nel 1893.
2) Le pellicce in gran quantità e varietà in un contorno scenografico di orsi e lupi impagliati, Chicago 1893.
3) Grande attenzione all’esposizione parigina del 1900 è riservata alla Siberia che si sta rivelando proprio in quegli anni area preziosa per via di giacimenti di petrolio e minerali. Un’ampia sezione è perciò specificamente riservata a codesti territori estremi sui quali notevole è la curiosità dei visitatori che affluiscono numerosi. A tale nutrito ingresso di pubblico risponderà un allestimento altrettanto “traboccante”. Una cascata di pelli e pellicce foderano interamente le pareti alternate ad alcuni dipinti esplicativi e a stoffe e tappeti. Una significativa quantità di animali impagliati, dall’orso bianco al tricheco, contribuiscono a proiettare chi visita questa mostra nelle gelide e rarefatte atmosfere di quelle lande. Non può mancare l’«incontro» con i manichini di esponenti dei popoli che abitano la Siberia inesorabilmente intabarrati nelle loro casacche di pelliccia con il volto che appena spunta dal cappuccio. Tale racconto etnografico, la narrazione e la rappresentazione di questa terra attraverso i topoi che meglio possono caratterizzarla a livello popolare e di grande pubblico riscuoterà, come attestano le cronache dell’epoca, un successo oltre ogni misura.
4) Come già accaduto nelle mostre moscovite il ricorso molto frequente ai manichini prevede un loro uso per così dire “statico”, mentre in un numero più ristretto di casi gli atteggiamenti e le posture che a essi vengono imposti rimandano ad azioni in movimento. La teatralizzazione delle pose ben si attaglia, ad esempio, alla riproposizione di coreografie; nel nostro caso uno sciamano mostra di danzare percuotendo ritmicamente un tamburo. La ricostruzione etnografica del momento topico, con notevoli licenze poetiche, prevede la presenza di altre persone sedute a terra che osservano la situazione, il tutto sul consueto sfondo di abiti e pellicce appese alle pareti. L’Esposizione di Parigi del 1900.