A cura di Milena Greco
La immagini fotografiche, in contesto migratorio hanno, con le loro specificità comunicative, un particolare valore documentale. Possono essere considerate, infatti, luogo privilegiato di indagine così come «parte integrante del lavoro storico» [Gentile, Ortoleva 1988] ed antropologico, assieme alle fonti tradizionali e alle testimonianze orali, nella consapevolezza del fatto che non offrono tanto, o non solo, una rappresentazione della realtà in quanto tale. Costituiscono, piuttosto, un documento sempre «in bilico fra realtà ed interpretazione» [Miraglia 1997], dove l’elemento cognitivo si intreccia con quello valutativo, dove chi fotografa e chi è fotografato, usa la presunta obiettività del mezzo per dare spazio alla propria visione del mondo e mettere in scena il complesso reticolo di aspettative e valori legate alla percezione di sé [Baldi 2004]. «Frammenti del reale», come le ha definite Susan Sontag [1978], in cui sono codificati valori e gerarchie, le fotografie delineano «i tratti […] e la percezione del mondo» [Lombardi Satriani 1997]. Esse, inoltre, come i video, nel mettere in luce alcuni aspetti della realtà occultandone altri, consentono agli immigrati di elaborarla in molti modi, per offrire di sé un’immagine volta al riscatto dalle fatiche e dalle umiliazioni subite, o tesa a ricreare «simbolicamente» l’unione familiare che la migrazione ha spezzato e contribuire, così, a preservare legami amicali o parentali [Gentile, Ortoleva 1988]. Surrogato della presenza, come ha sottolineato Sontag [1978], le foto in emigrazione offrono la possibilità di colmare i vuoti degli assenti, riflettono una vicinanza sentimentale ed emotiva rappresentando, così, un vero e proprio strumento di integrazione sociale e familiare.
L’emigrato, inoltre, ha evidenziato Baldi, attraverso le immagini fotografiche «si produce in un racconto di sé, puramente iconografico perché meglio e più immediatamente evidente» [Baldi 2017] indirizzato, sovente, a coloro che sono rimasti in patria e «in siffatta comunicazione vuole e deve specchiarsi perché solo mediante essa acquista senso e valore» [Baldi 2017]. La fotografia, in tal senso, può essere di ausilio al fine di «raccontare a sé stesso e agli altri un sogno», sostenendo la «rappresentazione di una nuova e felice condizione esistenziale» e ribadendo il successo, «non scontato», di un percorso migratorio [Baldi 2017].
In questo ingresso del Museo Antropologico Multimediale (M.A.M.) saranno messe in luce ed approfondite le rappresentazioni delle “identità migranti” a partire da una analisi di documenti fotografici raccolti fra immigrati di origine filippina a Napoli, nel corso di una ricerca realizzata agli inizi del duemila (nel 2001 e 2002) e ripresa, successivamente, fra il 2017 e il 2018. Sono state prese in considerazione, in particolare, fotografie che si riferiscono sia ad aspetti della vita comunitaria e associativa, che a momenti significativi dei percorsi migratori individuali. All’immagine fotografica, infatti, è attribuita una particolare valenza da parte di migranti di questa nazionalità, come è stato possibile riscontrare sia analizzando il materiale visivo raccolto, che in occasione delle attività di osservazione partecipante e delle interviste.
Le foto comprese in questa sezione sono tratte da un più ampio repertorio di immagini reperite presso gli archivi privati delle famiglie, dei leader di comunità e delle associazioni. In quest’ultimo caso, gran parte di esse sono state rinvenute dall’archivio curato, a partire dal 1988 e con l’ausilio di Padre Sebastiano Esposito, da Padre Domenico Parrella, prete gesuita che ha rappresentato per i filippini residenti a Napoli, un importante punto di riferimento dal 1978 fino alla sua morte, nell’ottobre del 2008.
Le fotografie degli anni Settanta e dell’inizio degli anni Ottanta, che rivestono un particolare valore storico fornendo una visione diacronica della presenza filippina nella città, sono state reperite, invece, in prevalenza, dagli album personali di Yolie Cabaroc, presidente della prima associazione filippina di Napoli ed informatrice privilegiata nel corso della ricerca svolta. Sono state inserite, inoltre, in questa sezione, immagini fotografiche degli anni Novanta, dei primi anni del Duemila ed alcune più recenti, scattate con smartphone e telefoni cellulari.
Diversi sono i generi fotografici che è possibile rinvenire fra le foto d’immigrazione, sebbene alcuni siano prevalenti rispetto ad altri. Gran parte delle fotografie qui raccolte fanno riferimento a momenti di vita comunitaria che si svolge, per lo più, nell’ambito dei gruppi associativi filippini a Napoli, divenuti negli anni sempre più numerosi.
Fra immigrati di questa nazionalità, infatti, le foto sono principalmente testimonianza del tempo libero speso, sovente, in comunità. Esse, pertanto, mettono in luce i sincretismi, le ibridazioni culturali e consentono di riflettere sulle forme di risemantizzazione di significati culturali [Signorelli 2006, 2011] nel contesto migratorio, come sulle modalità con le quali sono vissute, rielaborate e reinventate le tradizioni del paese di origine. Gli scatti di gruppo, a tratti ridondanti, rappresentano una modalità di autorappresentazione diffusa, che può essere indicativa dell’importanza attribuita alla coesione comunitaria.
Questo ingresso del M.A.M. è articolato in diverse sezioni e sottosezioni. E’ stata, infatti, focalizzata l’attenzione, in primo luogo, sulle fotografie tese a ribadire il successo dei percorsi e dei progetti migratori, considerando le dimensioni dell’abitare, del tempo libero, della tecnologia e l’acquisizione di ruoli professionali. Sono state, poi, prese in considerazione le foto in cui si evince la valenza della dimensione associativa. Una sotto-sezione è stata dedicata, così, alle immagini riferite ad eventi e momenti volti a riaffermare l’importanza dell’associazionismo e un’altra a quelle che mettono in luce il ruolo e il coinvolgimento delle seconde generazioni, divenute, oramai, sempre più numerose.
Un ultimo ingresso, poi, si sofferma sui materiali fotografici che evidenziano la centralità rivestita dagli eventi festivi e religiosi fra gli immigrati filippini del capoluogo campano, includendo in specifiche sottosezioni, immagini scattate in occasione delle principali celebrazioni sia religiose che laiche ed infine quelle che fanno riferimento alla riproposizione di danze, costumi tradizionali e alle ibridazioni culinarie.
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