L’importanza della dimensione associativa
«I riti dell'associazionismo» rappresentano un’«importante genere della fotografia di emigrazione» [Gentile, Ortoleva 1988], come è stato riscontrato in alcuni studi condotti nella prospettiva dell’antropologia visuale, fra gli italiani emigrati all’estero [Baldi 2017, 2011, 2004; Gentile, Ortoleva 1988]. Ciò è particolarmente vero anche in riferimento agli immigrati filippini, per i quali le associazioni svolgono, fin dalla fine degli anni ’70, un ruolo estremamente significativo. Le attività associative, in particolare, sono tese sia a far emergere e risolvere le problematiche e le difficoltà che si presentano nella migrazione, che a favorire momenti di aggregazione, confronto, risematizzazione o rifunzionalizzazione di significati culturali [Signorelli 2006] e riproposizione o “reinvenzione” in ambito comunitario, delle tradizioni del paese di origine.
L’associazionismo filippino a Napoli, per altro, con il passare del tempo, è divenuto sempre più numeroso, articolato e differenziato. Nel 1976, in particolare, alcune immigrate residenti nella città, fondarono il Napoli Pilipino Women’s Club (N.P.W.C.), con l’intento di far fronte a problematiche comuni. L’associazione, nel 1978, si unì al sindacato cattolico dell’Api-colf e fu messa a disposizione delle attività del gruppo una sala, presso la Chiesa di Santa Maria la Nova. In quel periodo, una significativa spinta a valorizzare il ruolo svolto dall’associazionismo, quale momento aggregativo e rivendicativo, fu rappresentato dal suicidio di una giovane filippina, in seguito al quale alcune connazionali decisero di rivendicare i propri diritti in ambito lavorativo intentando, con l’ausilio del sindacato dall’ Api-colf, anche della cause di lavoro. Alla metà degli anni Novanta tuttavia, l’associazione filippina, si distaccò temporaneamente dal sindacato, per radunarsi in una sala ubicata nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, ottenuta grazie all’intermediazione del padre gesuita Domenico Parrella. Quest’ultimo rappresentava, infatti, per i filippini residenti nel capoluogo partenopeo, un importante punto di riferimento. Nel 1996, in ogni caso, un gruppo di immigrati ricostituirà nuovamente la Filipino Community dell’Api-colf e tornerà a riunirsi presso la sala in Santa Maria la Nova.
Negli anni, in ogni caso, si sono costituiti numerosi gruppi associativi che si distinguono fra loro per le appartenenze regionali o religiose, riproducendo nel contesto migratorio l’eterogeneità linguistica e culturale dell’arcipelago filippino. Alle associazioni cattoliche, infatti, si sono affiancati nel corso del tempo, diversi gruppi protestanti, come l’Iglesia ni Cristo, Jesus is the Lord o International Christian Fellowship. La Filipino Community dell’Api-colf è poi, confluita in diverse associazioni, fra cui la Unified Democratic Filipino Community of Naples from 1977 (U.D.F.C.N.), mentre il gruppo cattolico che si riuniva presso la Chiesa del Gesù Nuovo ha costituito la Comunità Filippina di Napoli e Campania, cambiando diverse sedi dopo la morte, nel 2008, di padre Domenico Parrella.
L’associazionismo fra immigrati di questa nazionalità, in ogni caso, è di carattere prevalentemente religioso e poco rivendicativo da un punto di vista politico. È emblematico, in tal senso, che le sedi associative, ove si svolge gran parte della vita comunitaria, siano ubicate, sovente, nelle chiese della città, come si evince analizzando i materiali fotografici inclusi in questa sezione. Ciò contribuisce, assieme alle modalità di inserimento lavorativo e abitativo, ad una scarsa visibilità da un punto di vista sociale. Si può parlare, infatti, a riguardo, di un’immigrazione “silente” [Greco 2004].
Le fotografie comprese in questa sezione, articolata a sua volta in due sotto-sezioni, fanno riferimento ad eventi celebrativi e fondativi delle associazioni e all’attenzione rivolta, in esse, alle seconde generazioni di immigrati, la cui presenza è divenuta negli anni sempre più significativa.
Nell’interpretare i documenti visivi e in particolare, fotografici, come ha evidenziato Faeta, bisogna interrogarsi sui «codici ideologici e culturali» che sottendono e sono riflessi in essi [Faeta 1997; Baldi 2004, 2017; Mattioli 1991]. Analizzando le fotografie dei gruppi associativi è stato possibile riscontrare come, nelle occasioni più formali ed importanti, la disposizione delle persone risponda a criteri ben precisi, che riflettono le gerarchie esistenti, analogamente a quanto avveniva nei ritratti familiari realizzati, in passato, in Italia [Baldi 2017, 2004]. Gli individui più importanti, coloro che rivestono un ruolo particolarmente significativo nell’associazione, oppure gli ospiti illustri, come il console, occupano, infatti, il focus, la posizione centrale. Tutti gli altri sono disposti, invece, lateralmente.
Il profondo senso di religiosità filippino, “makadiyos” in lingua tagalog, fondamentale per la comprensione dell’associazionismo e della vita comunitaria fra immigrati di questa nazionalità si palesa, inoltre, in alcune immagini ricomprese in questo ingresso del M.A.M., così come in quello successivo, dedicato agli eventi festivi.